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Falso Mirò: la confisca delle opere d’arte è obbligatoria? Sì, ma…

Con sentenza n. 30687, depositata il 5 agosto 2021, la terza sezione della Suprema Corte dispone che la confisca delle opere d’arte contraffatte, ancorché obbligatoria ex art. 240 co. 2 n. 2 c.p., per poter essere predisposta in assenza di una pronuncia di condanna, necessita di un accertamento incidentale del fatto di reato, e quindi della contraffazione dell’opera.

La vicenda riguarda il procedimento penale avviato nei confronti di due soggetti per il reato di detenzione, al fine della messa in commercio, di un’opera pittorica falsamente attribuita a Juan Mirò (reato previsto e punito dall’art. 178, lett. B), d.lgs. 42/2004).

Il procedimento termina con decreto di archiviazione e contestuale confisca dell’opera.

La difesa degli ex indagati adisce allora il Tribunale con incidente di esecuzione, chiedendo l’annullamento della misura della confisca, ma quest’ultimo rigetta l’istanza in virtù dell’obbligatorierà della confisca ex art. 240 co. 2 c.p., a prescindere dall’esito assolutorio del giudizio penale.

La difesa degli indagati impugna detto provvedimento avanti la Suprema Corte, argomentando che la condicio sine qua non del provvedimento deve essere l’accertamento della responsabilità in relazione al reato, rectius, la natura contraffattoria del dipinto.

La Corte accoglie la tesi difensiva partendo dall’analisi dell’art. 178 co. 1 (“Contraffazione di opera d’arte”), che prevede che “a) chiunque, al fine di trarne profitto, contraffà, altera o riproduce un’opera di pittura, scultura o grafica, ovvero un oggetto di antichità o di interesse storico od archeologico; b) chiunque, anche senza aver concorso nella contraffazione, alterazione o riproduzione, pone in commercio, o detiene per farne commercio, o introduce a questo fine nel territorio dello Stato, o comunque pone in circolazione, come autentici, esemplari contraffatti, alterati o riprodotti di opere di pittura, scultura, grafica o di oggetti di antichità, o di oggetti di interesse storico od archeologico; c) chiunque, conoscendone la falsità, autentica opere od oggetti, indicati alle lettere a) e b), contraffatti, alterati o riprodotti; d) chiunque mediante altre dichiarazioni, perizie, pubblicazioni, apposizione di timbri od etichette o con qualsiasi altro mezzo accredita o contribuisce ad accreditare, conoscendone la falsità, come autentici opere od oggetti indicati alle lettere a) e b) contraffatti, alterati o riprodotti” sia punito con le pene di giustizia, con specificazione al comma 4 che «è sempre ordinata la confisca degli esemplari contraffatti, alterati o riprodotti delle opere o degli oggetti indicati nel comma 1, salvo che si tratti di cose appartenenti a persone estranee al reato. Delle cose confiscate è vietata, senza limiti di tempo, la vendita nelle aste dei corpi di reato».

Nulla quaestio quindi, per gli ermellini, circa l’obbligatorietà della confisca. Tuttavia, posta la natura sanzionatoria della misura, per poter essere comminata deve essere accertata l’attività vietata a monte. In questo senso, la misura potrà essere anche disposta nei confronti dell’innocente (cioè di chi non abbia posto in essere la contraffazione), o dell’inconsapevole, purché l’attività di contraffazione sia stata posta in essere da talaltro, e accertata giudizialmente.

Tale pronuncia pone uno spartiacque tra la confisca delle opere d’arte e la confisca obbligatoria di cui all’art. 240 co. 2 n. 2) c.p., il che significa che la prima presupporrà sempre o una pronuncia di condanna, oppure un accertamento incidentale del fatto di reato, e cioè del requisito della falsità dell’opera.

In conclusione, la Cassazione annulla l’ordinanza con rinvio al Tribunale, che dovrà attenersi ai citati principi di diritto. 

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